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Proceedings SNO “Cranioplastica terapeutica”
Comunicazione
Craniectomie decompressive
B. ZANOTTI, A. VERLICCHI*
Neurochirurgo, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Maria della Misericordia”,
e Dipartimento di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva, Università degli Studi, Udine
* Libera Università di Neuroscienze “Anemos”, Reggio nell’Emilia
SINTESI STORICA zione encefalica “artificiale” mediante craniectomia
come strategia per il trattamento dell’aumentata pres-
Verso la fine del XIX secolo, Emil Theodor Kocher sione intracranica nei pazienti con tumori inoperabi-
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(1841-1917) (Figura 1), professore di chirurgia li . E nel 1908 Cushing riferì dell’applicazione di
all’Università di Berna, iniziò ad occuparsi della questa tecnica anche nei traumi cranici (da scoppio) e
pressione intracranica, sia in laboratorio che al letto promosse l’uso della craniectomia decompressiva
dei pazienti. Intuì che la pressione intracranica è un sottotemporale nei traumatizzati cranici con rigonfia-
fenomeno dinamico piuttosto che statico. Riconobbe mento cerebrale (Figura 2).
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e descrisse 4 stadi di compressione cerebrale: com- Kocher e Cushing introdussero anche l’idea di eleva-
pensata, decompensata, alta e pretermine. Nel 1901 ta pressione intracranica come fenomeno globale e
fu il primo chirurgo nella letteratura moderna a de- non locale. Entrambi credevano che l’ipertensione
scrivere la tecnica di decompressione chirurgica ed a endocranica fosse uno dei maggiori fattori limitanti la
promuovere la sua validità per diminuire la pressione neurochirurgia e come ridurla la principale preoccu-
intracranica. Riferì anche della necessità di aprire la pazione della neurochirurgia intracranica.
dura per ottimizzare l’efficacia della decompres- Agli esordi, la craniectomia decompressiva fu usata
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sione . come una procedura di salvataggio di seconda o terza
Anche Harvey Cushing (1869-1939), che per diversi opzione per ridurre la pressione intracranica nei pa-
mesi aveva frequentato il laboratorio di Kocher, com- zienti non operabili con trauma cranico o tumore ce-
presa l’importanza clinica della pressione intracrani- rebrale, non senza polemiche per l’elevata mortalità
ca, indicò la necessità della craniectomia decompres- ed il negativo outcome funzionale che comportava.
siva nei casi di elevata ipertensione endocranica. Sull’utilizzo della decompressione Kemp Clark e
Nel 1905 Cushing pubblicò il caso di una decom- coll. nel 1968 scrivevano che la principale ragione
pressione sottotemporale in un Paziente con tumore del loro report era dissuadere da ulteriori tentativi (5)
cerebrale “inaccessibile” ed esercitante un effetto (Figura 3).
massa, che aveva causato ipertensione endocranica. Questo e altri articoli negativi introdussero un impor-
All’epoca si credeva che la decompressione in regio- tante pregiudizio contro questa tecnica e la craniecto-
ne pterionale fosse più sicura di quella corticale, per- mia decompressiva fu quasi abbandonata negli anni
ché il lobo temporale era ritenuto neurologicamente ’70, perché considerata inefficace e con troppe com-
silente. Raccomandò, quindi, l’induzione di un’ernia- plicanze per solo un limitato beneficio.
Corrispondenza: Dr. Bruno Zanotti, Azienda Ospedaliero-Universitaria “S. Maria della Misericordia” e Dipartimento di Chirurgia Plastica
e Ricostruttiva c/o Ospedale Civile “S. Michele”, piazza Rodolone, 33013 Gemona del Friuli (UD), e-mail: bruno.zanotti@cranioplastica.it
Cranioplastica terapeutica (a cura di Bruno Zanotti, Angela Verlicchi, Pier Camillo Parodi): 37-46.
Proceedings SNO: Master sulle Cranioplastiche terapeutiche custom made - LII Congresso Nazionale SNO, 11 maggio 2012, Roma.
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